Il Futuro, Post

Il terzo passo: potenziare l’agricoltura.

agosto 28, 2018
L’Africa esporta beni agricoli per 15 miliardi di dollari, ma ne importa per ben 40. Il saldo commerciale è negativo, forse anche perché l’agricoltura è gestita per il 70% da piccoli coltivatori diretti, che spesso non hanno accesso al mercato, né dispongono di mezzi idonei a completare la catena distributiva.

Nonostante le potenzialità del suolo, nel continente solo il 25% dei terreni idonei è coltivato e, di questo, solo il 7% viene irrigato. Una dinamica che potrebbe cambiare in positivo, se si valuta l’andamento demografico dei prossimi anni e la conseguente crescita della domanda di cibo. Le persone da sfamare saranno molte di più e anche in questo caso, come nel campo energetico, l’Africa potrebbe investire nelle proprie risorse locali per creare produzioni adatte a soddisfare la domanda interna e perché no, incrementare la vendita estera.
In questa nuova ottica, l’agricoltura potrebbe essere potenziata, anche grazie all’ampliamento dei nuovi strumenti tecnologici di cui è ormai ricca.
I governi africani iniziano a cercare strategie alternative per difendere la vulnerabilità dei piccoli produttori, favorendo la complementarietà tra il lavoro di grandi e piccole aziende con modelli di business inclusivi. Un esempio è la Wilmar Flowers Ltd, impresa che coinvolge più di 2.500 produttori locali di fiori recisi e li vende alle aste in Olanda.

Federico Bonaglia e Lucia Wegner, nel libro “Africa. Un continente in movimento” raccontano il percorso che il continente ha intrapreso in campo agricolo, sottolineando un dettaglio non minore: investire in agricoltura significa anche creare posti di lavoro nelle aree rurali, innescando un meccanismo virtuoso in grado di rivitalizzare alcune aree che sembrano del tutto dimenticate dalle agende amministrative.
Con una possibilità lavorativa a portata di mano, e un villaggio collegato al resto del Paese in cui vivere, molte persone, con tutta probabilità, sceglierebbero di restare in campagna e di costruirsi la propria famiglia lì dove hanno la possibilità di mantenerla. Questa dinamica, considerata l’impennata demografica prevista per i prossimi decenni, potrebbe aiutare a mantenere una sorta di equilibrio tra le aree rurali e quelle urbane: le prime non andrebbero a svuotarsi completamente, le seconde subirebbero una pressione minore rispetto a quella immaginata.
Il rafforzamento delle politiche agricole in Africa potrebbe sortire proprio questo effetto di decentramento urbano e garantire lo sviluppo delle periferie. Una minore urbanizzazione, insieme ad interventi sociali volti ad investire nello sviluppo dei piccoli centri già esistenti, potrebbe fare la differenza.
La qualità della vita sarebbe migliore in entrambi i contesti, urbano e rurale, l’incubo che l’Africa si trasformi in una polveriera destinata ad esplodere si allontanerebbe.

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