La politica africana in molti paesi è come una partita a pallone tra due o tre squadre con milioni di tifosi. È bene conoscere il meccanismo per capirla.
In Africa le tribù, o meglio le micro-nazioni, come vengono definite dal premio Nobel Wangari Maathai nel suo libro “The challenge of Africa”, sono il vecchio derivato dell’Africa pre-coloniale, mai morta.
Il fenomeno delle tribù non si è sviluppato in tutti i 54 paesi del continente, ma nelle nazioni che hanno subito maggiormente il fenomeno della colonizzazione e dell’imperialismo europeo, quelle che hanno visto i propri confini essere ridisegnati a tavolino, la realtà delle micro-nazioni è ancora presente e continua a influenzarne l’ecosistema sociale e politico.
Le micro – nazioni sono composte da persone della stessa etnia, spesso geograficamente vicine, sovente della stessa lingua, dislocate però in nazioni diverse. Sono queste appartenenze etniche a definire le preferenze politiche: nella competizione politica attuale non vincono gli obiettivi e i programmi, i candidati non si differenziano per un’idea diversa di nazione, di valori e di riforme da portare avanti, ma per la tribù cui appartengono.
C’è però una speranza: i giovani, che rappresentano il 70% dei votanti e una forza che sta prendendo consapevolezza di sé e del potere di cambiamento che rappresenta; forse l’unica vera chance per vincere il tribalismo e muoversi verso una politica più concreta.
Sembra che non parlino più di etnie, ma di socialità ed occupazione. Sembra. Che sia una debole luce in fondo al tunnel?