Il Futuro, Post

Verso le Europee 2019: abbiamo Bisogno dei Giovani Africani

aprile 2, 2019
La povertà, insieme alla speranza di una vita migliore, mette tanti giovani africani sulla strada dell’emigrazione. I numeri enormi della crescita demografica africana ne spingeranno tanti anche verso altri paesi del continente, ma sempre di più verso l’Europa, per milioni di ragioni che andiamo a elencare: guerre e insicurezza fisica, discriminazioni, diritti umani calpestati, ricongiungimenti familiari, opportunità economiche, opportunità di divenire un rifugiato.
Le ricerche riportano le ragioni, ma le cifre si ingrosseranno nel futuro, perché legate a quelle di un’economia che non si sviluppa. I poveri giovani africani, intelligenti e anche educati, cercheranno vie di salvezza da una povertà endemica.
Per tutti i futuri adulti, infatti, il lavoro non c’è. Questa è una certezza, per di più irrobustita dal fenomeno della robotizzazione, che aumenterà il blocco del lavoro industriale dequalificato. E mentre cresce l’educazione primaria e secondaria per i giovani africani, migliorano la salute e le cure, ci sono più medicine, si muore di meno da giovani e si vive di più da vecchi, i soldi sono incamerati da un ristretto gruppo di persone.
Chi vince le elezioni – se ce ne sono – normalmente prende il piatto e lo divide con pochi, anzi, pochissimi. L’élite e le oligarchie in Africa sono veramente ristrette e la curva di ricchezza africana è più concentrata di quella mondiale o occidentale: il famoso 1% occidentale in Africa va letto come 0,1%, o forse meno.
E allora i giovani istruiti e intraprendenti, ma che guadagnano 2000 dollari l’anno e leggono e vedono che un europeo in media ne porta a casa 15, 20 volte tanto… volete che non pensino a come arrivare da noi, come attraversare quel piccolo braccio di mare o arrivare – più facile – con un aereo e poi disperdersi nelle nostre città per prendersi un lavoro che c’è o che noi non facciamo più?
Da questa parte del Mediterraneo, l’Europa, a sua volta, è composta da 28 paesi che hanno atteggiamenti di accoglienza degli immigrati differenti tra loro. Il cosiddetto “contratto” tra paese europeo e immigrato è aleatorio e impraticabile, spesso mutevole di anno in anno e di elezione in elezione, per gli obiettivi che un migrante deve raggiungere.
Ma l’Europa ha bisogno di giovani migranti?
La risposta è sì, ne ha bisogno e ne ha bisogno in modo continuativo: la nostra demografia è inversa rispetto all’Africa, siamo sempre più vecchi e abbiamo un tasso di natalità bassissimo, intorno all’1,5%. Non riusciremo, tra ora e il 2050, a tenere i nostri standard senza immigrazione.
Le Nazioni Unite indicano che avremo bisogno di circa 80 milioni di persone aggiuntive entro quell’anno. Senza questa iniezione di gioventù, la nostra sarà solo una decrescita infelice, senza possibilità di curare i nostri vecchi o di produrre i nostri beni.

Rispetto al continente europeo, l’Italia è messa anche peggio: il nostro tasso di natalità è dell’1,3% e oggi, nonostante le illazioni a riguardo, abbiamo solo 5 milioni di stranieri residenti su 60 milioni di abitanti (meno del 10%). Se ci saranno abbastanza immigrati che contribuiranno a che il nostro tasso di natalità sia adeguato, nel 2050 saremo 56 milioni. Altrimenti, saremo molto pochi. Se vogliamo continuare a essere il terzo paese d’Europa e il settimo mondiale, con un PIL che supera ben 190 paesi al mondo, abbiamo bisogno di gente capace di lavorare e di innervare il nostro debole midollo.
Di quel già citato 10% di immigrati residenti, pochissimi sono africani: solo 1,8% proviene dal continente nero (800.000 persone) e spesso dai paesi settentrionali.
Sono numeri risibili e bassi rispetto al fabbisogno; soprattutto, sono numeri incredibili rispetto al clamore mediatico che li circonda, che con il suo rumore toglie razionalità al tema della migrazione.
La migrazione non viene affrontata con un atteggiamento scientifico dalla politica, che invece la usa scientificamente come strumento di pressione e di creazione di paure che viverono nella pancia e nell’emotività della gente. Gridare al nero che porta via il lavoro non costa nulla, né allo Stato né al politico che grida.
È facile. È semplice. Fa guadagnare voti. Peccato che quel nero ci serva. A noi e all’Europa.

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