“La Ong tedesca Sea Watch fa sapere che il suo aereo tornerà presto sulla zona dopo un rifornimento e su Twitter scrive che il Mrcc (Maritime Rescue Coordination Centre, ndr) di Roma si rifiuta di gestire il caso e fa ancora riferimento al Jrcc (Joint Rescue Co-ordination Centre) della Libia, dilaniata dalla guerra, come autorità competente. Ci è stato comunicato dal velivolo dell’Unione europea di contattare il Rcc (Rescue Coordination Centre, ndr) in Tunisia, che ha detto ad Alarmphone di non avere mezzi nell’area e che non riescono a raggiungere le autorità libiche”.
“Non è un caso nostro”. I naufraghi non sono fatti nostri. Come non sono fatti nostri?! E di chi sono?!
Se una persona sta morendo, dovunque sia, se è in pericolo, se è nera, bianca o gialla, è un dovere morale farsene carico. Non ci possono essere scuse, né attenuanti; nessuno può chiamarsi fuori al grido di “tengo famiglia”, adeguandosi a una presunta linea politica assurda e inumana, forse più realista del re.
I dipendenti di questo acronimo, “MRCC”, o degli altri acronimi che li hanno preceduti in casi simili non possono, in nome di una politica assolutamente feroce (e tale con lo scopo di raccattare quattro voti), affermare che non è una loro responsabilità davanti a una richiesta di aiuto come quella arrivata ad Alarmphone: prima si aiuta, prima si salvano vite umane, poi si pensa alla responsabilità.
Non ci si può, anche singolarmente, nascondere dietro alla cosiddetta linea politica. Un conto sono i blocchi navali, di cui, ormai, abbiamo capito il meccanismo: Salvini grida un po’, la gente gli dice “bravo!”, poi interviene Conte, poi la Merkel prende due o tre immigrati, e la cosa finisce lì nel disinteresse di tutti, a tarallucci e vino.
Ma in questo caso no! Stavolta i migranti stavano morendo e a salvarli non c‘era nessuno. Non c’era il solito balletto, come quello che tiene la Alan Kurdi al largo di Malta.