Teoria dei vasi comunicanti: se la ricchezza prodotta complessivamente nel mondo cresce poco e un gruppo se ne avvantaggia, l’altro gruppo perde peso, forza e soldi.

Di cosa stiamo parlando?

Dagli anni ‘90 tutto l’Oriente, trainato prima dalla Cina e successivamente dall’India, ha realizzato quella che comunemente viene chiamata “globalizzazione”: mentre l’Africa cresceva a ritmo lento, l’Asia ha fatto il balzo del leone. Il PIL della Cina è cresciuto in maniera esponenziale portando il Paese a raggiungere, se non a superare, gli Usa.

Di fatto la globalizzazione ha offerto una qualità di vita migliore e più sostenibile a quasi tre miliardi di persone che prima vivevano in ristrettezza e povertà che, ad esempio, in Cina sono passate da circa 600 dollari pro capite annui a 8000 dollari.

Ma, nello stesso tempo, la crescita globale negli ultimi tempi ha fatto qualche passo indietro e mentre tre miliardi di persone assistevano ad un miglioramento delle proprie condizioni di vita, il conto veniva pagato dalla classe media europea e statunitense.

Il risultato? Gravi situazioni di tensione nei nostri paesi, dove gruppi omogenei di lavoratori, specie quelli a reddito fisso, hanno perso potere di acquisto e potere politico. La Brexit è figlia di questa situazione, Trump la conseguenza più lampante. E una responsabilità forse può essere identificata anche nei partiti tradizionali, che hanno continuato ad agire senza tener conto della teoria dei vasi comunicanti.

Il più famoso tra gli economisti della disuguaglianza, Thomas Piketty, nel suo libro “Il capitale nel XXI secolo” aveva già previsto, ormai qualche anno fa, un andamento lento della crescita mondiale. Questa crescita ridotta non poteva che colpire le parti deboli della struttura della società: le classi medie.

Non c’è bisogno di specificare come l’Africa, fuori dal fenomeno della globalizzazione, non sia stata coinvolta in questo meccanismo…