News, Post

Dietro le Elezioni in Nigeria

marzo 1, 2019
Nigeria: primo paese d’Africa per popolazione e PIL.
186 milioni di abitanti e 400 miliardi di Prodotto Interno, che vale il 20% di quello dell’intera l’Africa (che, a sua volta, vale meno di quello della Francia e un po’ di più di quello dell’Italia; quindi, in proporzione, la Nigeria pesa economicamente più o meno quanto l’Emilia-Romagna). 2.180 dollari di reddito pro-capite all’anno, pari a circa 6 dollari al giorno, e un’inflazione al 16%. Parliamo anche del maggiore produttore di petrolio in Africa, materia prima che porta il 96% dei ricavi del paese.
I ricchi sono pochissimi, il resto della popolazione è povera, divisa tra musulmani al nord e cristiani al sud e della quale l’età media è di 19 anni. Nel nord-est del paese crescono Isis e Boko Haram.
Dal 2015, il presidente è stato Muhammadu Buhari (APC, All Progressives Congress), di anni 76, che è stato ufficialmente rieletto il 23 febbraio scorso contro Atiku Abubakar (PDP, People’s Democratic Party), uno dei re del petrolio, di anni 73. Le elezioni dovevano tenersi il 16 febbraio, ma un giorno prima le hanno posticipate di una settimana (roba da paese… democratico).
Nel precedente mandato, Buhari, che è stato male fisicamente, dato più volte per morto e, a detta di molti, sostituito da un sosia, ha fatto poco in generale per il paese e non ha portato a compimento nessuna riforma.
Il futuro della Nigeria si basa sull’esplosione demografica e sul petrolio che possiede. Per quanto riguarda la demografia, sappiamo che la Nigeria è destinata a divenire un paese di 400 milioni di persone nel 2050 e di circa 800 milioni nel 2100: il terzo paese più popoloso del mondo. Del petrolio, sappiamo che per ancora qualche decina di anni andrà alla grande. Tuttavia, purtroppo, il paese sembra non averne giovamento.
Nelle ultime elezioni si sono scontrati due leader che hanno tenuto in mano per decenni un paese che appare dilaniato, corrotto e distrutto.
Questo il quadro. E dietro cosa c’è?
Temo, solo l’Africa sub-sahariana, con le sue drammatiche liturgie.
Le elezioni nei paesi appartenenti a quella enorme regione africana, come la Nigeria, sono come una partita di calcio di Champions League: il mister (che ha molti soldi, molto potere e un’appartenenza tribale) arruola i suoi amici (pochi, con cui dividerà il potere) e i milioni di poveri delle sue tribù, che gli danno voti sperando nelle briciole che non arrivano quasi mai. Il mister della squadra avversaria fa lo stesso.  Poi si combatte… anche fisicamente. Chi vince si prende tutto: all in! Per pochissimi.
In Nigeria, due settuagenari tengono stretto il potere in un paese dove l’età media è di meno di vent’anni e si dividono, insieme a pochi altri, le ricchezze infinite del petrolio.
Morale: fino a quando in Africa sub-sahariana (nell’Africa del nord ci sono per lo più dittatori) i poveri (e non posso chiamarli altrimenti) non si metteranno insieme e formeranno la loro squadra, il film sarà questo e si ripeterà in ogni paese della zona.
Un anno e mezzo fa in Kenya, un mese fa in Congo e così via…

You Might Also Like